Si è chiusa nei giorni scorsi l’inchiesta della Procura di Genoa che vedeva indagati alcuni ultras del Genoa. Diciassette persone, molte delle quali supporter facenti parte dei gruppi organizzati del club ligure, sono stati accusati di estorsione e associazione a delinquere.
Secondo il Pm Francesco Rombolà e il procuratore Francesco Pinto, 8 persone, tra cui il “capo” Massimo Leopizzi, avrebbero costituito un’associazione a delinquere“al fine di commettere una serie indeterminata di delitti tra cui, in particolare, violenza privata, lesioni personali, lancio di materiale pericoloso”. Nelle carte si legge anche che gli indagati “esercitavano il governo della parte radicale del tifo genoano al fine di mantenere il controllo del tifo e dei club genoani e di interferire con violenza e minaccia nelle scelte societarie della società Genoa Cfc, e di realizzare profitti e vantaggi attraverso attività delittuose ai danni della società”.
In particolare il Genoa, che da poco ha cambiato proprietà, sarebbe stato costretto a versare la somma di 327 mila euro nel periodo che va dal 2010 al 2017, indirizzati attraverso un sistema di fatturazione fittizio alla società Sicurart, azienda che si occupa di fornire gli steward, facente capo a Leopizzi. Tale denaro sarebbe servito per tenere buoni gli ultras del Grifone.
Oltre all’estorsione, sono stati sottolineate anche minacce nei confronti di altri tifosi del Genoa che non rispettavano “gli ordini” su come comportarsi allo stadio, senza contare quelle relative a un panettiere costretto a fare sconti per le focacce e le birre ai tifosi rossoblu.
Negli atti anche una intercettazione del 2017 tra Leopizzi e l’allora amministratore delegato Zambrano nel quale il primo chiedeva che i giocatori andassero in ritiro e si svegliassero alle 5 di mattina, dopo la sconfitta in un Derby contro la Sampdoria.
La vicenda ci riporta alla mente un modus operandi simile avvenuto tra gli Ultras della Juventus e i vertici della squadra bianconera