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La polemica sul presunto razzismo di Nelson Piquet su Hamilton

di Fabrizio
nelson piquet

Mentre la Formula Uno è pronta a scendere in pista il prossimo weekend nel Gran Premio di Gran Bretagna sul leggendario circuito di Silverstone, a tenere banco è la polemica scaturita dopo le dichiarazioni di Nelson Piquet su Lewis Hamilton durante una intervista risalente allo scorso novembre, ma tornata al centro della cronaca nelle scorse ore.

L’ex pilota brasiliano, tre volte campione del mondo (1981,1983 e 1987), parlando del britannico della Mercedes lo aveva apostrofato con il termine “negrito”, che tradotto in italiano non lascia molto spazio a interpretazioni. Una parola che ha scatenato la disapprovazione dell’opinione pubblica, divenendo virale sui social che lo hanno accusato di aver utilizzato toni razzisti nei confronti del sette volte campione di Formula Uno.

Subito dopo sono arrivate le scuse e le precisazioni di Piquet, che a fine carriera ha visto sbocciare come compagno di Scuderia alla Benetton un certo Michael Schumacher, che si è detto dispiaciuto per l’accaduto, sottolineando di essere stato frainteso, in quanto quel termine è ampiamente utilizzato in portoghese con toni affettuosi, sgombrando il campo da eventuali motivazioni razziste alla base e incolpando i giornali di aver tradotto in modo sbagliato.

“Non userei mai la parola di cui sono stato accusato in alcune traduzioni. Condanno fermamente qualsiasi suggestione che la parola sia stata da me usata con l’intento di sminuire un pilota a causa del suo colore della pelle. Mi scuso con tutto il cuore con chiunque sia stato colpito, incluso Lewis, che è un pilota incredibile”.

Piquet non è nuovo a questo tipo di gaffe e già in passato si rese protagonista di frasi poco lusinghiere e atteggiamenti fuori dalle righe come nella scazzottata con Salazar o quando offese il suo connazionale Ayrton Senna.

Negli scorsi giorni, Lewis Hamilton era intervenuto sulla polemica tramite un post su Twitter in cui si legge: “Va oltre il semplice uso delle parole. Queste mentalità arcaiche devono cambiare e non c’è spazio per loro nel nostro sport. Ho dovuto convivere con questo tipo di atteggiamenti per tutta la mia vita. C’è stato molto tempo per imparare. Ora è arrivato il momento di agire“.

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